CLAMOROSO AUTOGOL DI "ALTROCONSUMO", che si autodefinisce:
Associazione per la tutela e difesa dei consumatori. In un ponderoso
articolo della loro rivista, affermano di non credere nella agricoltura
biologica (Non crediamo in BIO) e che "La frutta e la verdura
biologiche in commercio non sono più ricche di nutrienti né più salutari
di quelle tradizionali".
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A tali incomprensibili affermazioni, risponde l'ISDE (Medici per l'Ambiente) tramite la Dr.ssa Renata Alleva, Presidente ISDE Ascoli Piceno.
Riportiamo il testo integrale sperando che in Altroconsumo si avvii una serena riconsiderazione di quanto affermato, visto che il loro interesse primario è si la difesa dei consumatori ma, implicitamente, anche la difesa della loro salute.
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A tali incomprensibili affermazioni, risponde l'ISDE (Medici per l'Ambiente) tramite la Dr.ssa Renata Alleva, Presidente ISDE Ascoli Piceno.
Riportiamo il testo integrale sperando che in Altroconsumo si avvii una serena riconsiderazione di quanto affermato, visto che il loro interesse primario è si la difesa dei consumatori ma, implicitamente, anche la difesa della loro salute.
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Gentilissimo Direttore, ho letto il vostro articolo (“Non crediamo in
BIO”, Altroconsumo 295, Settembre 2015), e devo ammettere che la lettura
non solo mi ha stupito, ma anche un po’ irritato, soprattutto per la
carenza di importanti informazioni scientifiche riguardanti l’argomento
trattato. Tali informazioni sono viceversa “doverose” perché, seppur
semplificate per renderle fruibili, hanno come unico scopo quello di
informare in modo etico e corretto, senza alcuna intenzione di fare un
semplice “scoop” in controtendenza. “Non crediamo in BIO”, è un titolo
assai forte, ma la prima domanda che mi viene spontanea è se invece Voi
di Altroconsumo, credete nell’agricoltura convenzionale e pensate che si
debba seguitare a produrre cosi. Perché, se la crescente passione per
il BIO è più una illusione, che un dato reale-come voi dite- è invece
purtroppo un fatto concreto e reale, il “carico” complessivo di
patologie correlabili con l’esposizione (anche non professionale) a
pesticidi. Tutto questo è supportato da un copioso numero di lavori
scientifici pubblicati (22284 in data 110915) e presenti nella banca
dati che tutti noi ricercatori consultiamo giornalmente (PubMed). Le
principali patologie associate ad una esposizione “cronica “ e a
“piccole dosi” di queste sostanze sono di tipo tumorale (in particolare
leucemie, linfomi, tumori cerebrali), alterazioni del sistema endocrino e
metabolico ( ipotiroidismo, infertilità, ipertensione, diabete,
obesità), malformazioni specie a livello dell’apparato urogenitale
maschile (ipospadia), problemi del neuro-sviluppo (deficit del quoziente
intellettivo, sindromi da iperattività e autismo) e patologie
neurogenerative, come SLA, Alzheimer, Parkinson e proprio quest’ultima è
stata riconosciuta nel 2012 in Francia come patologia professionale.
Dire, quindi, che tra il prodotto BIO e quello convenzionale non c’è
differenza non è corretto, specie se si tiene conto che sono proprio gli
agricoltori “convenzionali” e le loro famiglie a correre i rischi
maggiori: in particolare i figli e le donne in gravidanza che per ovvi
motivi risultano i soggetti più vulnerabili. Tutto questo è emerso da
centinaia di studi condotti per decenni sugli agricoltori americani e
sulle loro famiglie ed è poi stato confermato da indagini condotte in
molti altri paesi. E’ inoltre ormai assodato che anche l’esposizione a
pesticidi per motivi residenziali (vivere in prossimità di aree
coltivate in modo convenzionale ed intensivo ad esempio) aumenta la
possibilità di ammalarsi delle suddette patologie perché anche minime
dosi di queste sostanze, specie in fasi cruciali dello sviluppo quali
l’infanzia ed ancor più la vita intrauterina, possono essere
estremamente pericolose. Non va dimenticato che è proprio l’esposizione
costante ( tossicità cronica) a dosi piccole e prolungate per tutta la
vita, che avviene attraverso il cibo, l’acqua, l’inalazione o attraverso
la pelle, quella più pericolosa e in cui si ha un effetto cumulativo
niente affatto trascurabile in termini di rischio per la salute. Ad
esempio si è dimostrato che le donne in gravidanza esposte a pesticidi
organoclorurati e organofosfati - agenti che preferenzialmente si
accumulano nel tessuto adiposo (grasso) - possono rilasciarli al feto
attraverso la placenta o, successivamente, attraverso l’allattamento con
effetti sullo sviluppo neurocognitivo e comportamentale del neonato che
possono manifestarsi immediatamente o anche a lungo termine.
Sicuramente non si può non essere al corrente ad esempio che il
Glifosate, il più diffuso erbicida al mondo, è stato trovato nelle urine
umane, nel latte vaccino e in quello materno, e proprio quest’anno
l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ( IARC) lo ha
classificato come probabile cancerogeno di classe 2A. www.isde.it
Nell’articolo si parla di “tracce” di pesticidi - in modo molto
superficiale - ma è fondamentale specificare quale sostanza è stata
trovata dal momento che la tossicità varia enormemente fra le varie
classi di molecole, e soprattutto essere consapevoli che per alcuni
fitofarmaci di sintesi “tracce” non è affatto sinonimo di “trascurabile”
perché, ad esempio, quelli che agiscono come “interferenti endocrini”
esplicano la loro tossicità proprio a dosi estremamente piccole. Il
fatto che i pesticidi trovati nella frutta convenzionale fossero
“abbondantemente al di sotto” i limiti consentiti significa che il
livello massimo residuale LMR, non rappresenta affatto una condizione di
sicurezza, soprattutto per un organismo come quello di un bambino: non
va dimenticato che i limiti sono calcolati per un individuo adulto di
circa 70 kg e per singola sostanza presente, che il bambino non ha
sistemi di detossificazione sviluppati come l’adulto, infine perché la
capacità di detossificare non è geneticamente uguale per tutti. E’ ovvio
che qualche bambino sia quindi più suscettibile di altri e che può
essere protetto solo con un principio di precauzione, ossia evitando
l’esposizione. Inoltre, anche se da Voi non è stata riscontrata la
presenza di multiresiduo, esistono dati che indicano un aumento di più
di un pesticida nello stesso alimento (fino a 12 diversi residui) e
comunque, alimentandoci di una varietà di prodotti, siamo tutti esposti a
cocktail di queste molecole sui cui effetti purtroppo ben poco - per
non dire nulla - è noto. Questo problema è emerso anche nell’ultimo
Rapporto ISPRA che dimostra come ben 175 pesticidi siano stati
complessivamente ritrovati nelle acque italiane e 36 in un unico
campione e a questo proposito qui si legge: "la valutazione di rischio,
infatti, nello schema tradizionale considera gli effetti delle singole
sostanze, e non tiene conto dei possibili effetti delle miscele che
possono essere presenti nell’ambiente. C’è la consapevolezza, sia a
livello scientifico, sia nei consessi regolatori, che il rischio
derivante dalle sostanze chimiche sia attualmente sottostimato.” Che la
popolazione generale sia esposta ai pesticidi e che la dieta con
prodotti biologici riduca questa esposizione, sia negli adulti che nei
bambini, lo dimostrano vari studi scientifici, in cui i metaboliti
urinari di organoclorurati o organofosati o piretroidi diminuiscono o
scompaiono del tutto solo dopo solo 5 giorni, quando si passa da una
dieta convenzionale ad dieta con prodotti biologici. Ma si possono anche
ricordare 2 recenti studi epidemiologici che hanno evidenziato una
significativa riduzione del rischio di ipertensione/preeclampsia ed
ipospadia nelle donne che in gravidanza avevano seguito una
alimentazione biologica. Ma proprio perché l’esposizione avviene in vari
modi, non si può non menzionare il report di Greenpeace, sullo stato
dei terreni e delle acque in cui si pratica coltivazione intensiva di
mele in modo convenzionale. Su 36 campioni di acqua e 49 di suolo,
raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 sono stati rilevati 53
pesticidi differenti ed il 70% di questi ha livelli di tossicità molto
elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. Il 78 % dei campioni di
suolo e il 72% dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un
pesticida e 7 dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati
nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo in via eccezionale con
deroghe temporanee. La presenza di questi residui potrebbe essere il
risultato di applicazioni pregresse che evidenziano un’altra pericolosa
caratteristica di queste sostanze: la persistenza nell’ambiente e nelle
acque anche dopo anni dalla messa al bando, come accade per il DDT. Da
notare che in un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state
rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un
campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi diffuso
nell’ambiente e nel suolo: dove i residenti camminano, i bambini giocano
e respirano, cadono per terra, si mettono le mani in bocca, e sono i
bambini della Val di Non in Trentino. E quanto detto fin qui, sarebbe
sufficiente per dire, contrariamente a quanto affermato nel vostro
articolo, che col BIO SI GUADAGNA IN SALUTE. Come è evidente sia per me,
che per molti altri consumatori che fanno questa scelta, il prodotto
biologico è migliore e più sano in primis per gli agricoltori, poi per
noi stessi ed infine per l’ambiente in cui viviamo. Tuttavia, da
nutrizionista, quale io sono, voglio spendere le ultime parole sulla
nutraceuticità di questi alimenti che è legata alla maggiore presenza di
polifenoli o altri composti antiossidanti: la meta-analisi effettuata
su 343 lavori scientifici e pubblicata da dell’Università di Newcastle
(UK) parla di contenuti significativamente più elevati di polifenoli
(flavoni, antociani, acidi fenolici, flavonoli stilbeni) nei prodotti
biologici rispetto ai convenzionali e molte di questi composti sono
associati ad un rischio ridotto www.isde.it
di incidenza di patologie cardiovascolari , tumori, e malattie
cronico-degenerative. In questa meta-analisi si evidenzia come il
prodotto biologico, contenga anche livelli di cadmio 4 volte inferiori
al convenzionale (voi parlate solo di rame) ed il cadmio è un agente
cancerogeno spesso trovato nei prodotti di largo consumo per i bambini.
E’ evidente che il cibo oggi svolga un ruolo centrale nella prevenzione e
la nutrigenomica, scienza che studia l’influenza dei bio-composti
presenti negli alimenti e nel nostro DNA, ha chiarito come sia
importante la QUALITA’ dell’alimento nella prevenzione delle patologie,
ma la qualità dell’alimento non può prescindere dal metodo di
coltivazione e dal rispetto della terra in cui il prodotto viene
coltivato: un’agricoltura che diffonde veleni altamente tossici per
tante forme di vita essenziali nel mantenimento della biodiversità,
(basti pensare alle api!) non PUO’ e non DEVE essere incoraggiata, e non
lo sarebbe se tutti riflettessimo sullo stato dell’intero ecosistema.
Fiduciosa che vogliate approfondire, allego una nutrita bibliografia di
lavori citati. (Seguono due pagine di riferimenti bibliografici).
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